Le studentesse e gli studenti MAGES lavorano su sfide attraverso progetti e discussione di casi, si trovano a progettare nuove soluzioni sviluppando competenze di design, attraverso metodologie sempre più accreditate quali il design thinking. Il professor Dario Cavenago, tra i docenti che hanno progettato il corso MAGES, consiglia la breve riflessione di Francesco Varanini, formatore, consulente e autore di numerose pubblicazioni, pubblicata su linkedin e che riportiamo qui:

“Parliamo, mi pare, sempre meno di ‘progetto’ e sempre più di ‘disegno’, ‘design’, ‘design thinking’. Perché?
‘Disegnare’: latino ‘designare’. Il ‘de-‘ che indica provenienza è anteposto al verbo denominativo ‘signare’, derivato da ‘signum’. Tutto il peso dell’espressione sta dunque nel ‘signum’, ‘segno’.
L’etimo più accreditato riporta alla radice indeuropea ‘sek’, che sta per ‘tagliare’. Il ‘segno’ è quindi ‘intaglio’.Ma forse conviene lasciar perdere l’etimo e ricorrere al più appassionato cantore moderno del disegno: Jean-Auguste-Dominique Ingres. Scrive: “Il disegno è la probità nell’arte”.
“Il disegno è l’espressione della forma interiore, il piano, il modellato”.
“Il disegno comprende i tre quarti e mezzo di ciò che costituisce la pittura”.
“Bisogna sempre disegnare, disegnare con gli occhi, se nono si po’ disegnare con la matita”.
“Il disegno comprende tutto, eccetto il colore”.
“Non vi è esempio di grande disegnatore che non abbia avuto il colore che conveniva esattamente ai caratteri del disegno”.
“Il colore aggiunge certi ornamenti alla pittura; ma non ne è che la dama di compagnia, poiché non fa che rendere più amabili le vere perfezioni dell’arte”.
Il effetti il latino ‘pingere’ discende da una radice che ha due varianti. Una parla dell”aggiungere ornamenti’, l’altra parla del ‘colorare’.
Cosa è dunque il ‘colore’. Il latino ‘colére’ porta il senso di ‘permettere di nascondere’. Il ‘colore’ è dunque ‘la forza che nasconde -cela, occultare- l’essenza di una cosa’. E’ una copertura, un riempitivo.
Ingres ci invita a non lasciarci ingannare dal colore, e a vedere dietro il ‘colore’. Ci invita quindi a tornare, in qualsiasi posizione, in qualsiasi situazione ci si trovi, a cercare, a vedere la purezza del ‘disegno’.
Ingres ci dice tutto questo già molto bene a parole. Ma, essendo un artista visivo, ce lo dice molto meglio attraverso immagini.

Basta guardare il suo ‘Autoportrait à vingt-quatre ans’. Aveva infatti ventiquattro anni nel 1804.
Guardate l’oggetto bianco che ha in mano: è comunemente descritto come un gessetto. Ma è appuntito come forse un gessetto non può mai essere. E’ un oggetto simbolico: lo strumento per attingere alla purezza del disegno. E’ bianco.
Ingres parla così del bianco: “Il bianco deve essere riservato per quei casi di luce, per quegli splendori che determinano l’effetto del quadro”.

Lo strumento per disegnare, bianco, ci appare quasi una bucatura, un intaglio -un segno- nella tela. Ha parziale contrappeso solo nella camicia bianca, sulla quale si appoggia l’altra mano: come dire ‘sono io che disegno’.
Ingres ci indica un percorso: non nascondere e non nascondersi nel colore; cercare il bianco; cercare e cercarsi nell’essenziale purezza del disegno.
Questo forse è il design thinking”

post linkedin di Francesco Varanini

Immagine: Self-Portrait, 1804, Jean-Auguste-Dominigue Ingres